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Cronaca

"Mia figlia divorata dal mostro anoressia", Sos di una mamma sulle terapie a rischio

Covid e mancanza di personale hanno ridotto l'assistenza al centro contro i disturbi alimentari "Cerchio d'oro". Tra i pazienti, c'è chi è stato costretto a cambiare città. Famiglie pronte a proteste eclatanti

Dopo il Covid, un vuoto d'organico mette a rischio l'assistenza ai ragazzi che lottano contro anoressia e bulimia e alcuni di loro hanno già dovuto cambiare città per continuare una terapia che spesso fa la differenza tra la vita e la morte. Al "Cerchio d'oro", l'unità operativa contro i disturbi alimentari gestita dall'Asp, manca il personale e i pochi rimasti in servizio al momento sopperiscono come possono. Il Covid ha comportato l'interruzione della terapia in modalità semiresidenziale, ma adesso sono gli specialisti a venire meno.

L'allarme arriva dalla madre di una giovane paziente che dallo scorso anno è in cura al centro di via Sant'Elia. "Da due anni lotto insieme a mia figlia - racconta la donna a Messina Today - per uscire fuori da un incubo che fa molta più paura di quello che chi ne è fuori può immaginare. Adesso lei è ricoverata alla clinica San Camillo per rimettersi in forze, ma ha pagato a caro prezzo la discontinuità di un'assistenza che soltanto pochi mesi fa le aveva consentito di fare grandi passi in avanti. Tutto si è stato ridotto per l'assenza di nutrizionisti e assistenti, tra contagi Covid, maternità e malattie. L'allentamento delle restrizioni permetterebbe di riprendere la terapia in day hospital, ma vista la mancanza di personale dobbiamo accontentarci di un incontro a settimana in regime ambulatoriale. Troppo poco per dare la possibilità di salvezza a mia figlia e agli altri ragazzi che invece necessitano di un sostegno costante".

A Messina non sembrerebbero esserci altre alternative e alcuni ragazzi sono già andati a Catania o addirittura in altri centri d'Italia. "Mia figlia - spiega la donna -  non ne vuole sapere di abbandonare la sua città e il personale medico che finora l'ha seguita. Non è un capriccio, chi affronta l'anoressia ha bisogno di punti di riferimento e anche un minimo cambiamento può vanificare mesi di cure. Per lei è già stato un trauma aver ridotto le visite e i consulti con gli specialisti. L'attuale ricovero è solo un palliativo, evita il deperimento ma non affronta il vero problema che causa il disturbo. Mia figlia percepisce la situazione come un'impossibilità a trovare aiuto e reagisce autopunendosi e tutto questo non fa che peggiorare la situazione. Ho paura si possa arrivare ad una grave forma di malnutrizione".

Sono una decina i ragazzi costretti a fare i conti con un problema che andrebbe affrontato a livello regionale. Le rispettive famiglie sono pronte ad azioni di protesta eclatanti per ottenere un servizio indispensabile adesso a rischio per una carenza d'organico a cui finora non è stato trovato rimedio. "Sono stanca ed angosciata nel vedere i peggioramenti di salute di mia figlia mentre una struttura che prima funzionava adesso è quasi inutilizzabile. L'Asp deve fare qualcosa per assicurare il benessere dei pazienti, io non starò a guardare".

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