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Cronaca

Anche per Gotha 7 c’è il sigillo della Cassazione: le condanne diventano definitive

Dichiarati inammissibili i ricorsi contro i provvedimenti emessi nel luglio 2020 dalla Corte d’Appello di Messina nei confronti di numerosi appartenenti alla mafia dei “barcellonesi”

A distanza di 13 giorni dalla sentenza su Gotha 6, la Corte di Cassazione ha messo il definitivo sigillo di condanna anche relativamente all’operazione Gotha 7, celebrato con il rito abbreviato nei confronti di numerosi appartenenti alla mafia “dei barcellonesi”, dichiarando inammissibili i ricorsi proposti avverso le condanna emesse nel luglio 2020 dalla Corte di Appello di Messina.

Il provvedimento è della seconda sezione della Suprema Corte di Cassazione. Condanne definitive sono diventano, quindi, quelle emesse nei confronti di Antonino Antonuccio, Santino Benvegna, Sebastiano Chiofalo, Francesco Foti, Mariano Foti, Fabrizio Garofalo, Massimo Giardina, Giuseppe

Antonio Impalà, Agostino Milone, Carmela Milone, Domenico Giuseppe Molino, Salvatore Santangelo e Carmelo Tindaro Scordino che sono stati anche condannati al pagamento delle spese processuali ed a quelle disposte in favore delle numerose parti civili.

L’operazione “Gotha 7”, è scattata a gennaio 2018 con 40 arresti. L’indagine dei carabinieri del comando provinciale, del Ros e della Polizia ha colpito ancora una volta la famiglia mafiosa barcellonese, dimostrando come il sodalizio è stato in grado di riorganizzare i proprti assetti nonostante le inchieste giudiziarie. Ha acceso anche i riflettori su decine di episodi di estorsioni e rapine nella zona tirrenica tra il 1990 ed il dicembre 2017. Vittime commercianti ed operatori economici costretti a subire le richieste di pizzo. Il modo di agire prevedeva dapprima il collocamento di una bottiglia con liquido infiammabile nei pressi della saracinesca del negozio e, dopo, “l’avvicinamento” al commerciante con la richiesta del “pizzo”, da corrispondere, di solito, in occasione delle feste di Natale, Pasqua e Ferragosto. L'inchiesta si basa anche sulle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia che hanno dato un controbuto risultato importante per la ricostruzione dei fatti come Carmelo D’Amico, Salvatore Campisi, Franco Munafò e Alessio Alesci e molti altri

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