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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Stop alla didattica a distanza, il prof Natoli dà vita a un movimento con cinque comandamenti

Un gruppo facebook con quasi duemila iscritti in pochi giorni per sostenere il valore imprescindibile della scuola svolta in presenza e in classe. “Occorre vigilare se non vogliamo creare danni più gravi di quelli epidemiologici”

Si chiama “Scuola in presenza” e già nel titolo ha il suo programma: dire no a chi vuole lasciare i bambini a casa con l'alibi del Coronavirus oppure chiuderli dentro box in plexglass allargando le distanze insieme ai disagi. Ideatore del gruppo che in pochi giorni ha collezionato quasi duemila adesioni è Cesare Natoli, docente di Filosofia e Storia al Liceo "Emilio Ainis" che a MessinaToday spiega gli obiettivi.

Chi ama la didattica on line non conosce la scuola

Me le ricorderò a lungo le loro facce. Chi al tavolo della cucina, chi in salotto o nella sua cameretta. Mi hanno fatto una grande tenerezza, con quel loro “buongiorno prof” e io lì a confortarli e rassicurarli, prima di fare lezione. Me le ricorderò a lungo, ma di due cose sono certo. La prima è che non voglio più vederle così, quelle facce, non voglio più vederle dietro uno schermo. La seconda è che chi dice che la didattica on line è una buona soluzione non conosce e non ama la Scuola. E siccome qualcuno lo dice, come docente e come genitore la cosa mi preoccupa, e molto. Soprattutto perché tali affermazioni arrivano non solo dagli ambienti ministeriali, che purtroppo ci hanno abituato da anni a politiche strampalate per la Scuola, ma anche da alcuni colleghi, e nemmeno pochi.

Poi capisco tutto, per carità. Sono stati mesi pesanti, lo sappiamo. Per chi ha contratto il Covid-19 e non ce l’ha fatta, in primo, luogo, ma anche per chi ha dovuto lottare duramente prima della guarigione, per i parenti delle vittime, per il personale sanitario stremato dal lavoro. Per non parlare di chi, e sono tanti, ha avuto un danno economico fortissimo, come la perdita del lavoro o un bilancio aziendale, professionale e commerciale gravemente compromesso.

I nostri ragazzi hanno sofferto

Accanto a questo drammatico nucleo, però, ruotano altri universi, sui quali occorre vigilare con grande attenzione, per evitare danni che andrebbero ben al di là di quelli epidemiologici. Uno di questi è la Scuola. Occorre assolutamente riportare l’attività scolastica alla ‘normalità’. Sì, lo so che quella che si è chiusa il 7 marzo non era una bella Scuola. Aveva mille problemi, non uno. Ma era sicuramente meglio di quella che, dalle voci che trapelano, ci apprestiamo a vivere da settembre in poi. E i ragazzi hanno sofferto, terribilmente sofferto. Abbiamo chiesto loro un sacrificio enorme, affrontato dalla maggior parte di essi in modo esemplare. Ma con sofferenza. Sofferenza attutita dal vivere in contesti famigliari virtuosi, talaltra dalla presenza di docenti che sono riusciti a svolgere un ruolo educativo anche dietro uno schermo, ma comunque una grande sofferenza. Sofferenza che non dobbiamo permettere più, in nessun caso. Nemmeno se arriva la famigerata ‘seconda ondata’. A proposito, molti esperti dicono che non ci sarà, altri che sarà meno violenta. Altri ancora – sempre meno per fortuna – sembrano godere nel dirci che ci sarà e che sarà peggio della prima. Sono il corrispettivo accademico di quelli che aspettano il bollettino della protezione civile speranzosi di veder crescere i contagi e di scrivere sui social “avete visto? Il virus circola ancora, tutti a casa e con la mascherina pure quando andiamo in bagno”.

La “relazione” può avvenire solo in presenza

La scuola – e sento di scrivere un’ovvietà, ribadita centinaia di volte in queste settimane da pedagogisti, pediatri e psicologi – esiste nella dimensione della relazione viva e concreta tra tutti i suoi attori: alunni, docenti, dirigenti, segreteria, personale ATA. E tale relazione può avvenire solo in presenza. Diversamente, non è scuola. Se ne facciano una ragione smartworkisti, teorici dell’emergenza ad oltranza, colleghi crocifissi dalla paura. La didattica a distanza è stata una misura emergenziale straordinaria e tale deve restare. Ci ha consentito di affrontare in qualche modo una situazione per la quale nessuno era preparato, okay. Ma basta. E dal momento che la Storia, drammaticamente,  ci insegna che le misure prese nelle fasi emergenziali tendono a restare in atto anche ad emergenza conclusa, il mondo della Scuola deve farsi sentire e anche tanto.

Per questo motivo, nel mio piccolo, ho pensato fosse giusto provare a mettere insieme chi la pensa come me e come tanti altri. Insieme al collega Daniele Macris abbiamo creato un gruppo Facebook che, in soli tre giorni, ha raggiunto 1500 iscritti e che ancora continua a crescere. Abbiamo registrato il plauso e l’approvazione di genitori, sindacati e pediatri e, soprattutto, siamo riusciti a creare uno spazio di condivisione e di confronto. Uno spazio in cui interagiscono cittadini interessati alla ripartenza della Scuola non solo messinesi, ma appartenenti anche ad altre aree del Paese. E di questo siamo particolarmente felici, perché l’approccio al problema deve essere nazionale e non demandato alle singole realtà territoriali o, peggio ancora, alle singole scuole.

In questa primissima fase, l’obiettivo è quello di raccoglierci attorno a un comune sentire e di iniziare un’opera di sensibilizzazione, a largo raggio. Nel breve-medio termine, invece, ci proponiamo di  promuovere azioni coordinate da affidare ai membri del gruppo, ognuno per il proprio ambito di riferimento. Cercheremo di stilare delle proposte condivise, che ogni docente, ad esempio, potrà portare all’interno del proprio collegio docenti; ma anche di stimolare i genitori ad una partecipazione attiva all’interno degli organi collegiali, che, in questa fase, possono veramente diventare ciò che, diciamocelo, non sono quasi mai stati, ossia una parte attiva e propositiva della Scuola. Infine, siamo pronti a manifestare anche in piazza, nel momento in cui le restrizioni relative al distanziamento fisico (mai userò la parola ‘sociale’ accanto alla prima) lo renderanno maggiormente possibile.

I cinque punti per la ripartenza

E, a proposito di distanziamento, parto da quest’ultimo aspetto per illustrare i nostri punti fermi sulla ‘ripartenza’:

1 – La scuola è una comunità educante che, dal nido all’università, esiste solo ed esclusivamente in presenza. Ogni altra soluzione deve essere rigettata fermamente.

2 – Siamo consapevoli che il contenimento dei rischi epidemiologici sia ovviamente necessario. Tuttavia, siamo altresì convinti che in nome di tale obiettivo non si debbano sacrificare altri aspetti altrettanto fondamentali, quali una sana relazionalità e la cura nei confronti dei bisogni che vanno oltre quello del semplice ‘restare in vita’. Diversamente, ripeto, corriamo il rischio di superare l’emergenza ma di creare problemi che sopravviveranno ben oltre la fine della stessa.

3 – Poniamo l’attenzione nei confronti dei rischi insiti in talune misure precauzionali che sembrano voler essere prese per affrontare la riapertura della Scuola ‘in sicurezza’: ci riferiamo, in particolare, a soluzioni quali divisori o gabbiotti in plexiglass per i ragazzi più grandi, e a spazi delimitati in cui i bambini lavorino o studino da soli. Soluzioni inutili e dannose, che tenderebbero a innescare processi di isolazionismo e atomizzazione fortemente nefasti sul piano della crescita e dello sviluppo delle capacità relazionali. La salvaguardia dal virus non può e non deve incidere, più di quanto ha già fatto in soli tre mesi, sul rapporto di fiducia che l’essere umano deve avere nei confronti del suo prossimo. Specie in una fase delicata come quella dell’età dello sviluppo. Diversamente, ci saranno conseguenze che rasenteranno quelle di un vero e proprio mutamento antropologico verso il quale guardiamo con terrore.

4 – Esprimiamo un deciso ‘No’ ad atteggiamenti estremi nei confronti di chi tra gli studenti dovesse accusare improvvisamente sintomi influenzali o similari durante le attività scolastiche. Riteniamo sufficiente quello che si è sempre fatto: avvisare la famiglia, fare un permesso di uscita e mandare il ragazzo a scuola accompagnato da un famigliare. Abbiamo sentito, qua e là, soluzioni inconcepibili, che prevedono isolamento, chiamata ai carabinieri o alla protezione civile. Forse bufale, ma anche no. Sia chiaro: non esiste.

5 – Infine, ma qui – ci rendiamo conto – siamo in un terreno più utopico (nel senso positivo del termine) speriamo che questa drammatica esperienza serva per ripensare a fondo la natura della Scuola nel nostro Paese e il ruolo imprescindibile che essa svolge per la società, auspicando una serie massiccia di interventi sul piano strutturale: dall’edilizia scolastica all’assunzione di nuovo personale, passando per una rivisitazione di aspetti quali un tetto massimo di 15 alunni per classe, ad esempio (soluzione che andrebbe anche nella direzione di evitare sovraffollamenti che potrebbero facilitare la diffusione di questo o di altri virus).

Al di là delle dichiarazioni programmatiche, però, quello che conta è prendere coscienza di una ovvietà, che però, forse proprio perché ovvia, mai ho percepito così trascurata come negli ultimi mesi: la Scuola prepara gli uomini di domani. Sta a noi decidere a quale umanità consegnare il destino dei nostri figli e dei nostri nipoti.

Cesare Natoli

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