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Cronaca

Sport universitario, il Cusi al Tar sulla gestione della Cittadella alla Ssd: "Violazioni di legge e difetto di potere"

Il Centro universitario sportivo a cui è stata rescissa la convenzione integra i motivi del ricorso chiamando in causa la partecipata dell'Ateneo. Ma il rettore replica: "Sul territorio nazionale presenti diversi modelli di gestione. Comunque è in atto un tavolo tecnico alla Crui per definire al meglio i rapporti a livello nazionale"

La vertenza tra Cusi, Università e Cus UniMe continua a tenere banco. Il Centro universitario sportivo italiano a cui è stata rescissa la convenzione per la gestione, tramite il Cus, della Cittadella sportiva dell’Annunziata, ha integrato i motivi del ricorso al Tar depositato ad ottobre 2020 chiamando ora in causa anche la Sds Unime, la “partecipata” società Sportiva Dilettantistica presieduta da Silvia Bosurgi e voluta dall’Ateneo per spazzare via il Cus dalla gestione.

Le nuove contestazioni fanno riferimento in particolare alla legge 394/77 che sancisce e regola lo sport e la gestione degli impianti sportivi universitari. “E’ controversa - scrive il Cusi rappresentata dall’avvocato Lorenzo Grisostomi Travaglini  - la recente iniziativa dell’Università di Messina di recidere il modulo organizzativo unitario dello sport universitario, nel nostro paese, attraverso l’inedita costituzione di una Società Polisportiva che sottrae alla Federazione dello Sport Universitario (il Cusi) la organizzazione e la gestione dell’attività sportiva nell’Ateneo, organizzazione e gestione che vengono attribuite in via diretta alla predetta Società Polisportiva”.

Per il Cusi, quella della nuova Ssd è “un eccentrico modulo di gestione diretta del servizio sportivo universitario” studiato “nella prospettiva deviata di spogliare il Cusi dell’intera gestione dei servizi sportivi” e definisce gli atti che hanno portato alla nascita della partecipata sicuramente “illegittimi” e dunque da annullare. 

I motivi? Almeno otto da cui derivano - secondo il ricorrente -  violazione di legge, difetto di competenza, difetto di potere e di attribuzione e sviamento e anche la violazione dello Statuto. Il tutto perlopiù con l’avallo del consiglio di amministrazione che avrebbe anche adottato alcune determinazioni impugnate “senza avere acquisito, peraltro in via preventiva, il parere obbligatorio e vincolante del Senato Accademico”. 

Ma quali sono le maggiori contestazioni?

Fra questi il primo è che lo Sport Universitario è stato configurato dal legislatore, come un interesse pubblico unitario che travalica i singoli ordinamenti universitari. Tale regime speciale, pertanto, è invalicabile per l’autonomia statutaria dei singoli Atenei che vi non possono derogare. Su queste premesse, “la inedita forma organizzativa di gestione diretta introdotta dall’Università, attuata attraverso la costituzione di una società in house, contrasta con l’ordinamento statale (L. 394/77 e 429/85), ponendosi come modulo di rottura eversivo della organizzazione dello Sport Universitario nel nostro Paese”. Secondo questo assunto, dell’Università tramite la Ssd non potrebbe dunque beneficiare dei contributi previsti proprio dalla legge 394/77 riservate invece proprio alle università per le convenzioni per i Cusi. Diversa attribuzione potrebbe comportare rilievi da parte della Corte di conti.

Il secondo motivo è il rischio di “un eccesso di potere”. Secondo il ricorrente, che contesta anche la violazione e falsa applicazione dello Statuto dell’Università, “la gestione diretta, da parte dell’Università, pertanto, non può prescindere dal necessario possesso dei requisiti tecnico – professionali di accesso, prescritti dall’ordinamento giuridico nazionale e sportivo. Ora, l’Università di Messina non ha tali requisiti e, dunque, non può organizzare e gestire, in via autonoma e diretta, il servizio sportivo universitario, risultando altrimenti violato il regime normativo di accesso all’organizzazione dello Sport universitario, alla gestione degli impianti sportivi e delle relative attività”. 

Secondo il Cusi il deficit di professionalità e la carenza dei prescritti requisiti legali non possono essere superati ricorrendo alla costituzione di una Società in house. “L’Università di Messina - anche ricorrendo alla gestione attraverso una Società in house, peraltro anch’essa all’evidenza priva dei predetti requisiti - resta privo della legittimazione professionale per la gestione diretta del servizio sportivo, non ricorrendo oltretutto i presupposti richiesti dalla normativa nazionale e sportiva in materia (Ente Sportivo Legalmente riconosciuto che organizza lo sport a livello nazionale ed internazionale)”.

Entra nel merito della questione il rettore dell’Università di Messina, Salvatore Cuzzocrea. “E’ in atto un tavolo tecnico alla Crui – spiega - con la presenza del Cusi per definire al meglio, alla luce delle necessità,  i rapporti per la gestione dello sport universitario a livello nazionale, anche perchè sul territorio nazionale sono presenti diversi modelli di gestione dello sport universitario. In alcuni atenei lo sport è gestito dalla Ssd, in altri come l’Università degli studi di Messina e la Sapienza di Roma è gestito direttamente dall’Università”. 

Il rettore ribadisce anche “che la Ssd non svolge alcuna attività dello sport universitario bensì esclusivamente lo sport non universitario”. E sui benefici della legge 394? “E’ una legge che disciplina i rapporti tra Università, Cusi e le loro diramazioni Cus e che prevede che lo sport non universitario svolto dai Cus non deve essere prevalente mentre il Cus unime ha svolto prevalentemente sport non universitario come comprovato dai suoi bilanci. Ci tengo a ricordare che con la gestione diretta dello sport universitario, gli studenti dell’Ateneo di Messina sono gli unici in Italia a non pagare, a differenza del passato”.

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