rotate-mobile
Cronaca

La Sicilia ricorda Libero Grassi, l'imprenditore ucciso 30 anni fa perché si ribellò al pizzo

Dal governatore Musumeci al deputato D'Uva, dai repubblicani ai responsabili delle associazioni antiracket. Il ricordo di un “temerario della legalità, un tranquillo rivoluzionario” simbolo del coraggio contro l’arroganza mafiosa

La Sicilia ricorda l'imprenditore Libero Grassi, ucciso dalla mafia il 29 agosto del 1991 per essersi opposto al racket del pizzo. Da Palermo a Messina commemorazioni e ricordi. Nel capoluogo siciliano, come ogni anno, alle 7.45 in punto, ora in cui furono esplosi i colpi, i familiari dell'imprenditore hanno colorato di rosso sangue il marciapiedi dove fu ucciso Grassi. E hanno rimesso, come fanno ogni anno, il manifesto con la scritta "qui è stato assassinato Libero Grassi". 

Alla commemorazione hanno partecipato i rappresentanti delle forze dell'ordine e delle istituzioni, ma anche semplici cittadini e i ragazzi di Addiopizzo. Oltre al sindaco Leoluca Orlando, alla cerimonia erano presenti anche la commissaria nazionale antiracket e anti usura, Giovanna Cagliostro, il prefetto di Palermo Giuseppe Forlani, il presidente regionale di Confindustria Alessandro Albanese, la presidente di Confcommercio Patrizia Di Dio, l'ex Procuratore aggiunto Leonardo Agueci e i vertici delle forze dell'ordine.
 
"Libero Grassi era un temerario della legalità, un tranquillo rivoluzionario, un uomo onesto fino alla intransigenza. Il suo, come quello di tanti siciliani coraggiosi che hanno contrastato le mafie, è stato un omicidio annunciato, plateale, la punizione riservata a chi si ribella e sfida - ha scritto in una nota il presidente della Regione, Nello Musumeci -. La lotta al racket del pizzo, odioso ricatto degli estortori che cessa soltanto con la denuncia o con il fallimento delle aziende, in Sicilia è cominciata proprio con lui, con quella pubblica lettera di sfida ai suoi taglieggiatori. Il suo esempio, ancora oggi, è modello per chi reagisce e si ribella, ma anche monito per chi subisce e si rende complice con il silenzio, per chi non collabora con le forze dell’ordine".

"Il 29 agosto 1991 tre colpi di pistola rompevano il silenzio di Palermo: Libero Grassi veniva assassinato da Cosa Nostra – ricorda il deputato Questore M5S Francesco D'Uva in un post sui profili social network - Libero pagò con la vita la sua opposizione al pizzo. Per lui, imprenditore e uomo coraggioso, pagare il pizzo avrebbe rappresentato una rinuncia alla dignità. Decise di denunciare i suoi estorsori, prima alle forze dell'ordine e poi pubblicamente, con una lettera al Giornale di Sicilia il 10 gennaio 1991. Il suo messaggio era forte e chiaro: «se tutti si comportano come me, non si distruggono le aziende, ma gli estortori». A trent'anni da quel brutale omicidio, molti passi avanti sono stati fatti. Sono tanti gli imprenditori che, seguendo le orme di Libero, decidono di denunciare, con la consapevolezza di non essere lasciati soli. Al loro fianco, le Istituzioni sempre più vicine agli operatori economici e attente al fenomeno mafioso. La strada da percorrere, però, è ancora lunga. Abbiamo il dovere di ricordare Libero, affinché il suo esempio di vita e il suo sacrificio non siano vani". 

Anche i repubblicani ricordano oggi l'imprenditore nato a Catania che a Palermo si è opposto pizzo ed è stato assassinato dalla mafia. “Imprenditore  coraggioso, iscritto, dirigente e candidato del Pri. Un simbolo da onorare e da tenere sempre presente nei comportamenti di ogni giorno”, spiega il segretario regionale Pietro Currò.

“L’omicidio di Libero Grassi, imprenditore coraggioso che non si era piegato alle richieste estorsive e che anche pubblicamente aveva denunciato i propri estorsori, scaturì soprattutto dal suo isolamento da parte non solo dei colleghi ma anche della cosiddetta società civile - sottolinea in una nota il presidente della FAI (Federazione Antiracket Italiana) Luigi Ferrucci - Al suo funerale nel 1991 erano presenti, insieme ai figli ed ai rappresentanti delle Istituzioni, i nostri colleghi della prima associazione antiracket italiana, l’ACIO di Capo d’Orlando, con Tano Grasso. Dopo trent’anni, tanta strada è stata fatta e tante sono le associazioni antiracket della FAI nate dall’esperienza orlandina: oggi, come ricordano anche gli amici di Addiopizzo, Libero Grassi non sarebbe lasciato solo ma avrebbe al suo fianco centinaia e centinaia di imprenditori antiracket non solo siciliani, ma anche pugliesi, campani, della Basilicata, del Lazio”.

“La scelta di Libero Grassi di pubblicare il 10 gennaio del 1991 sul Giornale di Sicilia la lettera con la quale si rivolse direttamente ai suoi estortori –  dichiara invece Giuseppe Scandurra vice presidente nazionale di SOS Impresa RplL –  ancora oggi è da monito per quanti subiscono passivamente la sottomissione mafiosa senza ribellarsi o collaborare con le forze dell’ordine e la magistratura che, con il contributo della collaborazione delle vittime, possono arginare ancora più efficacemente l’arroganza e la violenza estorsiva delle famiglie mafiose, liberando pezzi importanti di economia dal condizionamento e dalla infiltrazione criminale”.

 “Ricordiamo ancora una volta il coraggio e l’amore per la libertà e la dignità che portò un imprenditore siciliano, a Palermo, a dire no al pizzo, alla corruzione e alla mafia, con coraggio e determinazione. Un ricordo non sterile o solo vagamente celebrativo, bensì un rinnovato impegno a continuare a dire no alla mafia e ad aiutare quanti decidono di liberarsi, in sicurezza, dalla morsa criminale del ricatto estorsivo”, ha scritto in una nota Luigi Cuomo presidente nazionale di Sos impresa Rete per la Legalità Aps.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

La Sicilia ricorda Libero Grassi, l'imprenditore ucciso 30 anni fa perché si ribellò al pizzo

MessinaToday è in caricamento