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Cronaca

Perché alcune persone si ammalano gravemente di Covid nonostante il vaccino

Colpa della presenza di auto-anticorpi che neutralizzano l’interferone, una delle principali armi del sistema immunitario contro le infezioni virali. Cercando questi anticorpi “impazziti” si potrebbero identificare le persone più a rischio

Fortunatamente i vaccini continuano a rivelarsi estremamente efficaci nella prevenzione delle forme gravi di Covid 19. In una frazione dei casi, piccola ma pur sempre presente, anche chi ha fatto regolarmente vaccini e booster può però ammalarsi, rischiare il ricovero in terapia intensiva e, purtroppo, anche la morte. Solitamente la colpa è di patologie e condizioni di salute che riducono la risposta ai vaccini. In alcuni pazienti, però, la ragione sembra essere un’altra: una ridotta attività dell’interferone, un tipo di proteina prodotta dal sistema immunitario per contrastare l’invasione da parte dei virus. Lo rivela uno studio internazionale pubblicato su Science Immunology, a cui hanno partecipato anche gli Spedali Civili di Brescia, il  Policlinico San Matteo di Pavia, il Bambino Gesù e l'Università di Roma Tor Vergata.

Il ruolo dell’interferone

Come spiegano gli autori dello studio, di norma l’insorgenza delle forme gravi di Covid segue uno schema ben consolidato: in una prima fase il virus riesce a replicarsi in maniera estremamente efficace nelle vie aeree e a raggiungere così i polmoni e gli altri organi del nostro organismo; a quel punto, per combattere l’infezione si scatena una risposta infiammatoria che può diventare eccessiva – la cosiddetta tempesta di citochine – e provocare l’insorgere di polmoniti gravi e altre disfunzioni d’organo.

Anche prima dello sviluppo dei vaccini, alcuni pazienti risultavano più suscettibili di altri all’attacco di Sars-Cov-2. Il perché non è chiaro, ma almeno in una percentuale dei casi la colpa è attribuibile a una mancata azione dell’interferone, una citochina coinvolta nel funzionamento di quello che viene definito sistema immunitario innato, cioè dei meccanismi di difesa che il nostro organismo utilizza prima di aver prodotto anticorpi contro uno specifico patogeno.

In questi pazienti, l’interferone è solitamente bloccato dalla presenza di autoanticorpi, cioè anticorpi prodotti erroneamente non per colpire un invasore esterno, ma un elemento del nostro stesso organismo. Capita per motivi genetici o in seguito ad alcune patologie, e quando succede gli autoanticorpi eliminano l’interferone prodotto in risposta all’arrivo di Sars-Cov-2, lasciando campo libero al virus per invadere invadere velocemente l’intero organismo, e scatenare la tempesta di citochine. Gli studi effettuati negli ultimi due anni hanno dimostrato che è esattamente quello che accade circa nel 10% delle persone non vaccinate che soffrono di una forma grave di Covid 19.

Cosa capita nei vaccinati?

Fino ad oggi non era chiaro se qualcosa del genere potesse avvenire anche nelle persone vaccinate, in cui l’organismo è protetto non solo dal sistema immunitario innato, ma anche dalla cosiddetta immunità adattativa: gli anticorpi prodotti in risposta al vaccino. Solitamente, nei vaccinati i casi severi di malattia sono legati infatti ad un’incapacità dell’organismo di produrre la giusta quantità di anticorpi. Capita a persone immunocompromesse e agli anziani, e per questo viene loro raccomandata la quarta dose, che aumenta le probabilità di stimolare correttamente il sistema immunitario.

È possibile però che almeno in una percentuale dei casi, anche nei vaccinati che sviluppano Covid in forma grave il problema sia legato alla presenza di autoanticorpi che neutralizzano l’efficacia dell’interferone, sottraendo una delle armi a disposizione del sistema immunitario nelle prime fasi dell’infezione. Per verificare questa ipotesi il nuovo studio ha analizzato 48 pazienti vaccinati con due dosi di vaccino a mRna, e che si sono ammalati con una forma severa tra le due settimane e i quattro mesi dall’ultima vaccinazione.

I risultati dello studio

In tutti i pazienti, i ricercatori hanno esaminato la presenza di autoanticorpi indirizzati contro l’interferone, così come la presenza di livelli corretti (e ritenuti di norma protettivi) di anticorpi anti Sars-Cov-2 prodotti in seguito alla vaccinazione. Dei 48 pazienti studiati, ben 42 ha dimostrato di aver sviluppato la giusta risposta anticorpale al vaccino, e di essere quindi in possesso delle armi normalmente sufficienti per difendersi dal virus. 10 di loro, il 20% del totale, presentava però anche autoanticorpi che neutralizzavano l’azione dell’interferone. Almeno per questi pazienti, il mancato apporto dell’interferone ha probabilmente reso insufficiente la presenza degli anticorpi, spianando la strada ad un’infezione in forma grave.

“La presenza di auto-anticorpi anti-Ifn è quindi alla base di un difetto di risposta nell’immunità intrinseca che ha di fatto superato la normale immunità adattativa indotta dalla vaccinazione”, spiega intervistato dall’Ansa il genetista Giuseppe Novelli dell'Università di Roma Tor Vergata, tra gli autori dello studio. “Questi dati, uniti a quelli degli studi precedenti, suggeriscono dunque la necessità di studiare la presenza di auto-anticorpi anti-Ifn per individuare i soggetti ad alto rischio di malattia grave da Covid-19”.

C’è da dire che fortunatamente nessuno dei pazienti reclutato nello studio è deceduto. E questo potrebbe significare che anche in assenza dell’effetto dell’interferone, la vaccinazione è comunque capace di ammansire il virus, evitando almeno il rischio di morire. Una possibilità che andrà indagata, ovviamente, con ulteriori ricerche.

Fonte: Today.it

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