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Cacciatore morto a Mandanici, il giallo sull'incidente a “Chi l'ha visto?”. La moglie: “Adesso voglio la verità”

Potrebbe riaprirsi il caso del bidello Giuseppe Mastroeni, 52 anni, originario di Antillo, deceduto tre anni fa. La svolta grazie ad un ingegnere che con google earth ha “smontato” alcuni punti fermi dell'indagine

“Io non so come è morto mio marito, quello che è certo che non è morto come è stato raccontato e ci sono testimonianze contrastanti”.

Era il 23 novembre 2017 quando Giuseppe Mastroeni, 52 anni, originario di Antillo, muore nelle campagne di Mandanici in località Monte Cavallo. Un presunto incidente mortale durante quella che doveva essere una normale battuta di caccia al cinghiale, in cui era andato insieme ad altre persone.

Una morte definita “accidentale” dagli inquirenti, imputabile a un masso che si è staccato da un costone roccioso che avrebbe colpito l’uomo, bidello in un istituto di Giardini Naxos, spaccandosi durante la caduta e uccidendolo sul colpo. 

VIDEO | La moglie: “Riesumtelo per capire chi l'ha ucciso”

A distanza di tre anni, quelle motivazioni vengono però smontate pezzo per pezzo da una perizia che dimostra come il masso documentato con tanto di foto dalla compagnia dei carabinieri si era staccato in data antecedente a quella del presunto incidente.

Di questo e di altre anomalie si parlerà stasera alla trasmissione “Chi l’ha visto”, storico programma di Rai 3, appuntamento ormai fisso del mercoledì per milioni di fan, che ha preso a cuore la vicenda che da tre anni ormai non dà pace ad Antonina Zuccarello, la moglie rimasta sola, e ai tre figli, che non si sono mai rassegnati e non hanno mai creduto alla versione dell’incidente.

Una determinazione che l’ha portata ad approfondire la vicenda affidando ad un consulente ulteriori perizie e all’avvocato Alessandra Delrio l’incarico di presentare un’istanza per riaprire il caso.

A dare una svolta, l’ingegnere Rodolfo Urbani, che grazie alla sua dimestichezza con google eath, tecnologia impiegata spesso nella repressione degli abusi edilizi, ha potuto documentare come quel masso mancava già dal 5 agosto del 2016, ben oltre un anno prima della morte di Giuseppe Mastroeni. Urbani mette nero su bianco che quel masso documentato dai carabinieri non può essere la causa del decesso (né presunti frammenti” come indicato nel fascicolo di indagine).

Ma c’è di più: alcune foto scattate dai familiari sui luoghi della tragedia mostrano come tra il punto in cui manca il masso e quello in cui è stato trovato il corpo vi è una distanza di 200 metri. “E’ balisticamente impossibile – si legge nella relazione del tecnico – che un masso del tipo possa arrivare a colpire nel modo documentato, ovvero solo sulla nuca ed a taglio (quindi dall’alto in basso in maniera netta tipo tagli chirurgico) senza lasciare segni evidenti di schiacciamento né sul corpo né sugli arti”.

La relazione è stata depositata dalla famiglia che adesso chiede verità e giustizia, riesumando il corpo per capire di cosa e come è effettivamente morto Giuseppe Mastroeni e fare finalmente giustizia.

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